Scrive il critico: «Peccato che la regia di Alberto Ferrari (com’era successo anche ai suoi predecessori) non sia in grado di restituirci una rappresentazione della città come spazio minaccioso, come scontro di un disordine urbano, sociale e narrativo: il Tuscolano rischia così di confondersi con la Garbatella dei Cesaroni».
Passa qualche ora, e il regista di Distretto di polizia, sulla sua pagina Facebook, risponde: «Ognuno è libero di dire ciò che pensa. Noi abbiamo la coscienza a posto e qualunque opinione o critica fa parte del gioco. Il mood che cercava Aldo Grasso nel film, ovvero il lato inquietante e minaccioso della città, non c'è e non c'è mai stato perché non è l'anima di Distretto».
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